Uova fatali

di Michail Afanas’evič Bulgakov.


 

Recensione di Gabriella Bordoli

 

In questi giorni non lo si dovrebbe proprio consigliare. Eppure per chi lo vuole, (riflettere o perfino sorridere, intendo) credo questo sia proprio il momento giusto per leggerlo. Ci vuole un po’ di coraggio, lo ammetto, di questi tempi: e ovviamente lo si deve fare senza alcuna pretesa di indagar troppo Bulgakov .
Il “raggio rosso” da cui tutto ha inizio, a Mosca, nello studio del professor Persilov il 16 aprile 1928, ci porta lontano. Lontano e insieme vicino. I piani di lettura neanche saprei dire quanti, io che di letteratura russa niente so. Soltanto dico che “l’evento”, oggi suona alle nostre orecchie come mai avremmo potuto immaginare qualche mese fa. Avremmo riso di una distopia surreale, fantascientifica, della satira politica. E invece oggi… Tutto si muove sull’onda di equivoci, di apparenze e contrari, fra Mosca e la lontana prefettura di Smolesnk…Pochi i personaggi, dialoghi che catturano. La colta ingenuità di Persikov travolta dal destino (Rokk) che per una volta porta con sé un documento. Calosce, color cremis, l’Izvestia, il rumore, il tram, le citazioni, l’ironia, il sarcasmo. Un poco di poesia, nella luce della luna riflessa, troncata bruscamente quasi ci fosse da vergognarsene. Gioco dall’alto al basso: lo scherno al lettore. Scivolano svelte le 80 pagine, fra esperimenti, studi, informazioni carpite, comitati, ordini dal Cremlino, galline, la folla e uova…uova fatali.